@ - Aree interne protagoniste all’evento di AIC. Il settore è cruciale per le economie dei territori e la lotta allo spopolamento, ma occorre potenziare i servizi e pianificare politiche pubbliche efficaci.
ROMA - Nelle aree interne, quelle più distanti dai servizi essenziali, vive ancora quasi un quarto della popolazione italiana. Tuttavia, in queste zone è in corso da decenni un importante processo di spopolamento. Questo trend può essere invertito rafforzando il welfare territoriale, attuando una fiscalità di vantaggio ma anche incentivando settori strategici per le aree interne, come l’agricoltura.
Sono questi alcuni degli elementi che verranno analizzati da “Fermata aree interne, voci e sapori dal Sud”, organizzato dall’Associazione Italiana Coltivatori negli spazi della Città dell’Altra Economia, martedì 12 settembre alle ore 19.
I dati elaborati dalla Fondazione Openpolis, che partecipa all’evento, mostrano l’importanza vitale delle aree interne per il sistema paese: quasi 4mila comuni (di cui il 67% nel Mezzogiorno) in cui vivono 13,4 milioni di persone, il 23% della popolazione italiana. Per aree interne si intendono i territori più distanti dai servizi essenziali, come scuole, ospedali e stazioni. Questi ultimi si trovano all’interno dei comuni definiti “polo”, quelli ricadenti nelle aree più urbanizzate.
Si tratta delle zone più periferiche del paese, che lottano da decenni contro la tendenza allo spopolamento. Dal 1951 al 2019, infatti, gli abitanti delle aree interne sono calati del 19%, a fronte di un aumento rilevante dei residenti nei comuni polo (+31%). È un fenomeno che riguarda la cronica mancanza di servizi, ma anche di opportunità lavorative. Basti pensare che se nei comuni polo il 28% dei contribuenti dichiara redditi per meno di 10mila euro annui, questa percentuale sale al 39% nei comuni ultraperiferici, quelli raggiungibili a oltre un’ora di auto dal comune polo più vicino. Al sud la situazione è ancora peggiore, con il 44% dei contribuenti che dichiarano bassi redditi nelle zone periferiche e ultraperiferiche.
Per questo le economie locali possono essere importanti per la crescita delle aree interne. In tal senso, l’agricoltura può assumere un’importanza fondamentale, tenendo conto per esempio della maggiore disponibilità di superficie agricola nelle zone interne rispetto a quelle più urbane, unita a una densità abitativa notevolmente inferiore. Un terreno fertile in tutti i sensi.
“Nonostante lo spopolamento, c’è ancora un alto numero di cittadini italiani che resistono in aree più periferiche rispetto agli agglomerati urbani. È necessario potenziare i servizi in queste zone tenendo conto della natura del territorio. Le attività di prossimità del settore agricolo possono giocare un ruolo cruciale per la valorizzazione di queste zone - dice Giuseppino Santoianni, presidente di AIC - senza dimenticare, poi, che il 57,6% delle aziende agricole si trova nel Mezzogiorno”.
Occorre insomma una strategia organica e a medio-lungo termine sull’incentivazione del settore agricolo nelle aree interne, da nord a sud: “Le politiche pubbliche sono più efficaci se supportate da dati e analisi di contesto che aiutano a descrivere la situazione di partenza e monitorano i processi man mano che questi si svolgono - afferma Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale di Openpolis - . Al momento invece non risultano disponibili i dati comunali relativi al settore agricolo per il 2020: i più recenti risalgono al 2010, anno del penultimo censimento generale dell’agricoltura. Questa mancanza di dati di dettaglio sui comuni delle aree interne è critica e impedisce di valutare quanto l’agricoltura incida e possa continuare a farlo”.
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