@ - L’Ucraina è impegnata su due fronti: c’è la guerra combattuta con le armi lungo la linea di contatto; poi c’è il fronte interno, il tessuto sociale e produttivo di un paese che deve resistere per assicurarsi un futuro.
TOPSHOT-UKRAINE-ACCIDENT-EXPLOSION© AFP
È dura: a gennaio, nel mezzo di un inverno brutale di bombe su case e rete energetica, la fiducia delle imprese ucraine ha toccato il minimo. Ma lo stesso indicatore ha segnalato espansione economica ad aprile e maggio; così il Pil ucraino, secondo Dragon Capital, società di investimenti di Kiev, crescerà del 3 per cento quest’anno. Va ricordato, però, che l’economia del paese si è ridotta di un terzo dall’inizio della guerra. Futuro quindi significa soprattutto ricostruire, e per farlo servono montagne di denaro. Non è facile, gli investitori stranieri sono comprensibilmente molto cauti, perché la guerra è ancora lunga, e molte persone in età da lavoro stanno combattendo o sono emigrate. Ma le basi di questa ricostruzione vanno poste adesso.
A Londra si è appena conclusa una conferenza di due giorni frequentata da politici, finanzieri e imprenditori che hanno raccolto denaro (ancora poco) e discusso su come sostenere la ripresa ucraina negli anni a venire. Secondo Unione Europea, Banca Mondiale, Nazioni Unite e governo ucraino, la ricostruzione costerà almeno 411 miliardi di dollari nel prossimo decennio. E due terzi di questa somma dovrà venire da finanziamenti pubblici perché attirare denaro da privati all’inizio sarà complicato. Una parte considerevole la metterà l’Unione Europea, ha detto Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Europea, che ha proposto di stanziare il 45% dei fondi fino al 2027, in prestiti e sovvenzioni. Con questi calcoli si stima che il costo della ricostruzione che dovrebbe ricadere sui bilanci pubblici degli alleati di Kiev sarà pari a circa lo 0,1% del Pil occidentale. Una cifra non impossibile, ma va tenuto conto che i tempi sono più difficili anche da noi: indebitamento, costi della transizione energetica, inflazione e tassi d’interesse più alti potrebbero rendere meno generosi gli aiuti, malgrado sia decisivo garantire all’Ucraina il massimo sostegno. Ecco perché si sta discutendo molto, e lo si è fatto anche alla conferenza di Londra, sulla possibilità di usare i soldi russi congelati dopo l’inizio della guerra da banche e governi occidentali.Il totale degli asset ammonta a circa 330 miliardi di dollari. In Unione Europea sono stati bloccati 200 miliardi della banca centrale russa, più 30 miliardi appartenenti agli oligarchi. La prima cosa che a chiunque verrebbe in mente di fare è confiscare brutalmente quei soldi e spedirli sul conto della banca centrale ucraina. In realtà la questione è molto più delicata per motivi legali e di stabilità finanziaria. Al di là dei problemi legali, la Banca centrale europea, secondo il Financial Times, ha avvertito privatamente Bruxelles che confiscare fondi russi o dare gli interessi guadagnati su quei conti all'Ucraina potrebbe minare la fiducia nell'euro. «Le implicazioni potrebbero essere sostanziali: potrebbe portare a una diversificazione delle riserve rispetto alle attività denominate in euro, aumentare i costi di finanziamento per i titoli sovrani europei e portare a una diversificazione degli scambi», ha spiegato la nota della Bce. E tuttavia Bruxelles è decisa a usare quei soldi. Oggi la Commissione ha detto che i governi europei vogliono che gli asset russi congelati finanzino la ricostruzione dell’Ucraina, e che si sta convergendo su una serie di opzioni ritenute fattibili. “Le discussioni con gli Stati membri sulla via da seguire stanno procedendo bene", ha detto il portavoce della Commissione Christian Wigand. «C'è un sostegno generale su questo tema e un'ulteriore convergenza sulle opzioni, quindi riteniamo che sarà possibile trovare soluzioni», ha aggiunto. E quali sono queste opzioni? Confiscare direttamente i soldi, in apparenza la mossa più immediata e più giusta, è lo scenario meno probabile, se non proprio da escludere. I funzionari dell’Unione europea invece hanno spiegato che potrebbero esserci dei modi legali per deviare verso l’Ucraina gli interessi generati dagli asset russi, nonostante l’avvertimento della Bce. Esiste anche la possibilità di tassare gli utili realizzati dai depositari dei beni. In ogni caso, una proposta concreta arriverà «prima della pausa estiva», ha detto van der Leyen. Il che significa, probabilmente, a luglio.
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